La pianificazione delle attività estrattive di cava: pianificazione industriale o pianificazione urbanistica

L'ANIM ha organizzato il 1° ottobre 2015 a Verona il convegno "Le attività estrattive: l'innovazione per la sostenibilità e la sicurezza" e il 6 novembre 2015 a Rimini, insieme ad ANEPLA, il convegno "La pianificazione sostenibile delle risorse estrattive, un percorso difficile tra normative in evoluzione e modelli di economia circolare", nel corso dei quali l'argomento programmazione e pianificazione delle attività estrattive di cava è stato affrontato in maniera estensiva ed interdisciplinare, evidenziando una situazione difforme tra le singole regioni, senza apparenti giustificazioni se non la mancanza totale di coordinamento.
Risulta evidente come le singole regioni siano prive di una strategia complessiva per lo sviluppo del settore estrattivo di cava in particolare e, più in generale, per una politica regionale delle materie prime, pur in presenza di studi, documenti, indirizzi e best practices di provenienza comunitaria, che affrontano compiutamente la problematica, offrendo soluzioni concrete e già altrove applicate per rispondere alla ineliminabile necessità da parte del sistema produttivo europeo di disporre in modo sicuro, in termini di certezza degli approvvigionamenti, delle materie prime necessarie allo sviluppo.
L'assenza di un riferimento programmatorio nazionale contribuisce alla parcellizzazione delle soluzioni adottate dalle singole regioni, le quali certamente non sono tenute, se non in via del tutto generale e per iniziativa delle singole Amministrazioni, a coordinarsi per il raggiungimento di obiettivi nazionali, peraltro da nessuno definiti.
Non risultano nemmeno ben definiti l'oggetto e gli obiettivi della programmazione e pianificazione regionale: ogni legge regionale in materia di cave determina modalità e competenze amministrative differenti per una politica di sviluppo del settore estrattivo, avente quale sostanziale riferimento la differente programmazione e pianificazione delle attività estrattive stesse.
Il termine sostenibilità è riportato e richiamato sistematicamente nelle leggi regionali, senza riconoscerne il significato ad esso dato a livello europeo; per l'Unione Europea sostenibilità è la stretta combinazione e tutela degli interessi ambientali, economici e sociali derivanti da ogni iniziativa industriale, compresa, pertanto, l'attività estrattiva di cava.
La stessa Unione Europea, pur con lodevoli tentativi, non riesce ad andare oltre la definizione di principio relativa allo sviluppo sostenibile, in quanto il contemperamento dei differenti interessi ambientale, economico e sociale è lasciato alla iniziativa delle singole Amministrazioni procedenti, le quali sono influenzate dalle specifiche competenze esercitate dalle stesse Amministrazioni.
Dovrebbe essere competenza della politica indirizzare gli uffici amministrativi che procedono con l'istruttoria dei piani cave regionali o provinciali, ma questo accade raramente, poiché, generalmente, si riscontra una sudditanza del potere politico rispetto a quello amministrativo, per mancanza delle competenze tecniche comunque necessarie alla effettuazione di scelte ragionate e coerenti e, sempre più spesso, per disinteresse verso lo sviluppo dell'attività estrattiva, ritenuta, a torto, un fattore di disturbo ambientale e paesaggistico, e il cui ritorno economico, per il numero esiguo di operatori e lavoratori interessati, appare poco significativo.
L'ANIM, nel corso dell'anno 2014, ha già prodotto uno studio dettagliato circa la situazione estrattiva, di cava e di miniera, riscontrabile a livello nazionale, con riferimento alle singole regioni, al fine di contribuire alle scelte organizzative delle regioni stesse in sede di applicazione della legge Delrio per il depotenziamento delle province, in attesa della loro soppressione, da attuare successivamente alla promulgazione della prevista radicale riforma costituzionale.
Ne emerge un quadro di competenze istituzionali pianificatorie fortemente differenziato sul territorio nazionale: si parte da regioni prive di pianificazione delle cave, ad esempio Friuli e Basilicata, per arrivare a regioni, ad esempio Lombardia, in cui la pianificazione raggiunge un estremo dettaglio, fino ad individuare le particelle catastali da interessare con i lavori di cava o per l'allocazione degli impianti di trattamento.
E' parere dello scrivente che ormai si sia creata una divaricazione sostanziale tra l'attività programmatoria e pianificazione degli enti locali e la realtà riscontrabile sul territorio, la quale deve rispondere ad esigenze sociali ed economiche differenti rispetto a quelle considerate dagli stessi enti locali. La pianificazione decennale o ventennale dei piani cave non può tenere conto della veloce evoluzione dei sistemi economici e sociali a livello regionale, quindi costituisce, inevitabilmente, un elemento di rallentamento delle sviluppo.
I piani cave, a livello regionale o provinciale, sono proposti e/o approvati, nella quasi totalità dei casi, dalle direzioni Ambiente, Territorio, o Attività produttive, significando la singola scelta della competenza amministrativa un chiaro orientamento circa gli interessi che si intendono tutelare.
L'attribuzione della competenza pianificatoria ad uffici con competenze di programmazione territoriale porta inevitabilmente alla formazione di piani cave con forte connotazione urbanistica, mentre in caso di pianificazione assegnata a strutture deputate alla tutela ambientale si verificherà una spiccata attenzione per le problematiche ambientali stesse, che sempre si imporranno sulle esigenze economiche e sociali, senza il contemperamento dei diversi interessi in gioco.
L'attribuzione delle competenze pianificatorie alla direzione Attività produttive meglio risponde alle esigenze di sviluppo del settore estrattivo di cava, e verso tale soluzione ormai si orienta la gran parte delle regioni.
Il livello di governo delle attività estrattive, a livello nazionale e comunitario, coincide con quello deputato allo sviluppo industriale (Ministero dello sviluppo economico in Italia e DG Grow nell'Unione Europea), per cui l'analoga destinazione delle competenze a livello regionale è quella che meglio può permettere di interloquire con i livelli territoriali superiori.
I piani cave, secondo gli intendimenti comunitari, sono dei piani di sviluppo industriale del settore estrattivo, finalizzati a garantire l'approvvigionamento delle materie, nel rispetto dei principi di tutela dell'ambiente e all'interno di un sistema pianificatorio urbanistico che non disconosca la necessità di allocazione delle cave sul territorio.
Il principio sopra enunciato appare di facile formulazione ma di difficile realizzazione, per la difficoltà di far riconosce alle componenti urbanistico-territoriale e ambientale la necessità del contemperamento delle diverse esigenze di tutela all'interno di un unico processo programmatorio o pianificatorio, per cui quasi sempre i piani e i programmi delle regioni trascurano i lati sociale ed economico delle previsioni estrattive, per scelta o disinformazione.
I vincoli proposti dalla legislazione di tutela dell'ambiente, del paesaggio e della biodiversità non devono essere usati strumentalmente, come spesso succede, per limitare lo sviluppo del settore estrattivo, ma devono essere contemperate le due diverse esigenze, di sviluppo e di tutela.
La Valutazione Ambientale Strategica (VAS) è prevista dal decreto legislativo n. 152/2006 quale strumento di un'azione preventiva di tutela e integrazione ambientale e per improntare alla sostenibilità ambientale le strategie di sviluppo anche del settore estrattivo, orientando così il quadro delle trasformazioni del territorio.
Attualmente, per consolidata esperienza dello scrivente, la VAS costituisce un formidabile strumento di condizionamento della programmazione e pianificazione delle cave, accentuando sugli uffici amministrativi un potere sostanziale di valutazione basato sulla competenza e professionalità del singolo funzionario istruttore. Talvolta si assiste a scelte valutative poco o affatto ponderate, in cui la componente sociale ed economica è rigorosamente assente.
Il Ministero dell'Ambiente, con nota n. 25143 del 21/12/2015, ha espresso la convinzione che lo svolgimento di un buon percorso di VAS si inserisce necessariamente in un processo valutativo che curi anche le componenti economiche e sociali, così che la valutazione coordinata di questi tre profili possa perseguire una sostenibilità effettiva ed efficace.
A conferma di questo indirizzo la nota ministeriale sopra citata riporta che l'UE, già con i regolamenti applicativi dei fondi strutturali 2014-20120, ha dato chiara indicazione di procedere con una valutazione integrata delle tre tematiche (ambiente, società, economia).
Il Ministero dell'Ambiente, riferendosi a scelte comunitarie, opportunamente richiama le Amministrazioni competenti in materia di VAS a ben ponderare finalmente le esigenze economiche e sociali, introducendo un forte elemento di novità nel procedimento valutativo, destinato ad incidere per il futuro anche sui procedimenti di approvazione degli strumenti pianificatori delle cave.
L'esame della documentazione tecnica a supporto e motivazione della scelta pianificatoria vede la presenza, generalmente fortemente preponderante, di studi ambientali e urbanistico-territoriali, mentre risultano carenti gli studi relativi all'ingegneria mineraria.
L'analisi dei fabbisogni di minerali costituisce un esercizio importante da parte dei progettisti, che cercano di centrare i valori numerici dei consumi dei vari minerali previsti all'interno del territorio di competenza, con criteri non sempre aderenti alla effettiva dinamica evolutiva della domanda di materie prime.
La determinazione del fabbisogno di materie prime per il periodo di vigenza di un piano cave, più correttamente, dovrebbe essere intesa come previsione del fabbisogno stesso; il mercato delle materie prime è soggetto alle leggi dell'economia, di solito non conosciute dai pianificatori delle cave, con sostanziali alterazioni del previsto consumo delle stesse, per l'evoluzione delle tecnologie produttive e di utilizzo, delle scelte progettuali dei costruttori, dell'introduzione di nuovi materiali, etc.
La determinazione dei fabbisogni ha un risvolto importante sulla pianificazione delle aree di cava e dei volumi estraibili: si tratta di un'operazione complessa, in quanto occorre tenere conto dell'apporto di materiali dall'esterno della regione o della provincia, nonché dell'esportazione dei materiali all'esterno dei territori degli stesi enti.
Il tenere in considerazione il bilancio di cui sopra può rivelarsi un'operazione velleitaria, soprattutto per i minerari industriali e le pietre ornamentali, che interessano un mercato quasi sempre ultraregionale.
Si riportano di seguito, analiticamente, le considerazioni presentate in occasione del convegno del 6 novembre 2015 a Rimini circa il risvolto economico della pianificazione, che, se verificate, ne compromettono l'efficacia dal punto di vista industriale.
• Prescrizioni della pianificazione eccessivamente cautelative, che riducono la sfruttabilità tecnica ed economica dei giacimenti, non giustificate da motivi di tutela ambientale, di sicurezza o di conformazione dei giacimenti stessi.
• Tempi eccessivamente lunghi di approvazione dei piani cave, dipendendo tali tempi dalla complessità e numerosità dei pareri e degli interventi degli enti interessati al procedimento, amplificati dalla necessità della Valutazione Ambientale Strategica.
• Non corretta individuazione dei giacimenti di cava, riducendone le dimensioni e senza considerare gli obiettivi e i limiti della produzione di cava stessa.
• Limitazione della possibilità di installazione di impianti di lavorazione o imposizione di siti particolari non idonei per la stessa installazione.
• Eccessivo dettaglio della pianificazione, con scelte che dovrebbero essere effettuate nella successiva fase di Valutazione di Impatto Ambientale o autorizzativa (es. aree di rispetto, modalità di recupero ambientale, altezza e inclinazione delle fronti di cava etc.).
• Mancata o non corretta valutazione delle caratteristiche qualitative del giacimento, in relazione agli usi previsti.
• Individuazione di giacimenti non idonei allo sfruttamento per motivi di sicurezza.
• Mancata considerazione delle proprietà dei terreni o dei diritti di escavazione posseduti: i giacimenti di cava sono di proprietà del proprietario del suolo, pertanto, non è possibile sostituirsi allo stesso proprietario nello sfruttamento del giacimento, se non a seguito di procedimenti amministrativi defatiganti e dall'esito giudiziario incerto in caso di ricorso.
• Periodo di pianificazione eccessivamente ridotto e tale da non permettere un adeguato intervallo di sfruttamento della cava per l'ammortamento degli investimenti: per il rientro degli investimenti, qualora si rispettino gli obblighi ambientali e di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, occorre disporre di un numero congruo di anni per lo sfruttamento minerario.
• Verificarsi di soluzione di continuità tra un piano cave in scadenza ed il successivo: piani cave non ben coordinati in successione provocano disordine amministrativo e disorientamento negli operatori, con difficoltà crescenti di programmazione degli investimenti.
• Dimensione territoriale di un piano cave non adeguata alle caratteristiche del mercato del minerale estratto, essendo necessario superare il concetto di limite amministrativo territoriale. Anche il limite regionale può essere insufficiente per taluni minerali industriali.
Dallo svolgersi delle considerazioni che precedono, risulta evidente che gli attuali piani cave, nella quasi totalità dei casi, non sono piani industriali, quindi non rispettano le previsioni circa il raggiungimento di obiettivi produttivi minerari elaborati a livello comunitario.
A parere dello scrivente il cammino per orientare i piani cave verso un obiettivo produttivo, nel rispetto dell'ambiente, risulta ancora lungo e tortuoso, e tale da non far prevedere a breve sostanziali inversioni di marcia dell'attuale quadro pianificatorio.