Strade: un malato ancora grave?

Nonostante la disponibilità di tecnologie per rendere più sicure le nostre strade e ridurre l'impatto ambientale, si esegue solo la metà dei lavori necessari alla manutenzione

Nel 2016 il consumo di asfalto (conglomerato bituminoso) in Italia è sceso nuovamente al minimo storico: sono stati impiegati solo poco più di 22 milioni di tonnellate per costruire e tenere in salute le nostre strade. Dopo la crescita registrata nel 2015 grazie alla realizzazione di alcune grandi opere, i lavori stradali sono nuovamente "al palo", con circa la metà delle necessarie attività di manutenzione non eseguite.
Le buche restano un tema confinato nelle campagne elettorali, mentre per riportare in sicurezza il nostro patrimonio stradale occorrerebbe un piano straordinario di almeno 40 miliardi di euro.
Sono questi i principali elementi che emergono dall'analisi presentata dal SITEB - l'Associazione dei costruttori e manutentori delle strade, nel corso del convegno di apertura di Asphaltica, il salone europeo dedicato alla filiera dell'asfalto e delle infrastrutture stradali, promosso da SITEB e Veronafiere.
I dati relativi al 2016 contenuti nell'analisi del SITEB (produzione di asfalto ferma a 22,371 mln di tonnellate di asfalto, -3,2% vs il 2015) evidenziano un nuovo passo indietro sul fronte delle attività di costruzione e manutenzione delle strade dopo il dato positivo del 2015 (+3,7% vs il 2014), il primo dopo 9 anni di calo ininterrotto; segno evidente che la crescita di due anni fa era dovuta non a un'effettiva ripresa della manutenzione del nostro patrimonio stradale, ma era essenzialmente trainata da alcuni grandi lavori eccezionali (connessi all'Expo a Milano) e dall'esecuzione di alcune grandi opere autostradali nel Nord Italia (come la BREBEMI, la TEEM e la Pedemontana).
Al netto di queste opere, costruzione e manutenzione di strade oggi sono ferme, con dati dimezzati rispetto a soli 10 anni fa (nel 2006 si consumavano 44 milioni di tonnellate di asfalto) e al livello medio di manutenzione necessario per tenere in salute e sicure le nostre strade (40 mln di tonnellate di asfalto), una rete lunga quasi 500.000 km (di cui 7.000 km circa di autostrade e 25.000 gestiti direttamente dall'ANAS), il cui valore complessivo (con gallerie, ponti e viadotti) è stimato in 5.000 miliardi di euro.
Nel 2016 nonostante il sensibile calo del prezzo del petrolio sui mercati mondiali, l'allentamento del patto di stabilità per le pubbliche amministrazioni, l'immissione di denaro da parte della BCE e il rilancio degli investimenti in manutenzione da parte dell'ANAS, l'economia "stradale" non è ripartita, e l'entrata in vigore del Codice degli Appalti non ha creato un contesto favorevole.
Il continuo rinvio dei lavori necessari e il mancato rifacimento periodico dei superficiali "tappetini d'usura" ha determinato in diverse parti del Paese spaccature e infiltrazioni d'acqua sulla superficie stradale che hanno compromesso molte arterie sin dalle fondazioni, rendendo oggi necessari costosi lavori straordinari in profondità, non sostituibili da cosiddette "operazioni tappa buche", destinate a durare solo poche ore.
"La situazione in Italia resta difficile", evidenzia il Presidente SITEB , Michele Turrini, "il patrimonio stradale è oggi molto degradato e notevoli sono i disagi per gli utenti della strada. Investiamo in manutenzione quanto 30 anni fa, ma su una rete molto più estesa e trafficata in condizioni già critiche da anni.
Stimiamo che, a causa dei mancati investimenti negli ultimi 8 anni in manutenzione stradale per circa 10 miliardi di euro, per riportare la rete ai valori qualitativi standard del 2006, occorrerebbero almeno 40 miliardi di euro.
Le imprese del settore rimaste sul mercato e che lavorano per gli enti pubblici sono tuttora in forte sofferenza anche per i mancati pagamenti. Nonostante le attese e le promesse degli scorsi anni sull'avvio di piani di manutenzione, il 2016 è stato un anno di forte delusione che non alimenta concrete speranze di recupero nel breve termine. E' ora che le strade e la loro adeguata manutenzione entrino di diritto nell'agenda delle Istituzioni locali e nazionali, non solo durante le campagne elettorali e non solo per porre ‘toppe' momentanee alle troppe buche sempre più diffuse nelle nostre città. Il nostro Paese oggi non ha bisogno di grandi opere, ma di rimettere in sesto e in sicurezza la rete esistente, prima che questa collassi".
L'analisi del SITEB sul settore mostra come negli ultimi due anni si sia contratto il numero di impianti in attività (-16,7%) anche se è rimasto pressoché invariato il numero totale degli addetti (drasticamente ridotto tra il 2010 e il 2013), mentre il valore della produzione è ulteriormente diminuito del 3,3% per effetto del minor costo del petrolio.
Nel frattempo, a fronte di una crisi dell'edilizia senza precedenti, continua lo "shopping" di aziende italiane da parte di imprenditori stranieri, generalmente grandi gruppi multinazionali, operanti specialmente nella produzione di membrane impermeabilizzanti. Le aziende del comparto, alle prese da 10 anni con la crisi che provoca contrazioni dei lavori, sono oggi impegnate in costanti investimenti nel campo dell'innovazione per ridurre le emissioni inquinanti prodotte durante le attività di costruzione e manutenzione e per rendere più durevole e sicuro il nostro patrimonio stradale.
"Il costante progresso e gli investimenti degli operatori", evidenzia il Presidente SITEB Michele Turrini, "hanno portato oggi alla disponibilità di tecnologie all'avanguardia a livello europeo, che molto spesso però si confrontano con bandi di gara costruiti ancora secondo la logica del massimo ribasso o che comunque privilegiano esclusivamente gli elementi economici dell'offerta e non premiano l'adozione di tecniche eco-sostenibili o che prevedono l'impiego di materiali riciclati".
Più o meno innovative, più o meno diffuse sulle nostre strade, sono diverse le principali tecnologie adottate per migliorare la sicurezza degli automobilisti e abbattere le emissioni inquinanti.

Asfalti e strade perpetue
Sono progettati e costruiti per durare almeno 50 anni senza necessità di interventi strutturali o ricostruzioni, con il solo rinnovo periodico del sottile strato superficiale di 2-3 cm. Una tecnologia, chiamata "thinlay", permette inoltre di realizzare strati stradali superficiali di soli 2 centimetri con elevata resistenza, in grado di durare fino a 12 anni.

Asfalto mangia-smog
Si tratta di una tecnologia cosiddetta "fotocatalica" che, in presenza di luce, assorbe componenti inquinanti quali ossidi di azoto e zolfo, oltre alla CO2. Tale effetto si ottiene attraverso eco-rivestimenti contenenti ossido di titanio. La soluzione "mangiasmog" è adatta ai centri cittadini con alti livelli di emissioni nocive e a quei tratti di strada in cui il traffico è strutturalmente congestionato.

Asfalto antighiaccio
Questo tipo di asfalto utilizza particolari sali che abbassano il punto di congelamento delle pavimentazioni in presenza di neve, evitando la formazione di pericolosi strati di ghiaccio. Adatto alle strade di montagna soggette a nevicate.

Strade "riciclate"
L'asfalto è un materiale facilmente e completamente riciclabile. Nel rifacimento di una pavimentazione si può, quindi, impiegare una quantità anche notevole (70-80%) di asfalto riciclato, soprattutto negli strati non superficiali, evitando di consumare risorse non rinnovabili (pietrischi e petrolio).

Conglomerati con pfu
Altra applicazione riguarda l'utilizzo di Pneumatici Fuori Uso riciclati, il cui granulo o polverino viene miscelato con il conglomerato bituminoso, aumentando l'aderenza dei veicoli al manto stradale e riducendo sensibilmente il rumore.

Inerti alternativi
I nuovi materiali inerti, generati dal processo di trattamento e recupero sia delle scorie d'altoforno, sia dei rifiuti solidi urbani, utilizzati come prodotti sostitutivi delle materie prime di estrazione naturale in cicli industriali e nell'ambito della moderna industria dell'edilizia.
E molto di più si potrebbe fare se in Italia (a differenza di quanto avviene nel resto d'Europa) il fresato d'asfalto, materiale prodotto dalla rimozione delle pavimentazioni stradali, non venisse considerato rifiuto speciale dalla Pubblica Amministrazione, che di fatto anziché incentivarne l'utilizzo, ne ostacola in tutti i modi il recupero.

L'articolo è stato pubblicato a pag 85 del n.628/2017 di Quarry and Construction...continua a leggere