In Italia c’è un settore nel comparto delle costruzioni che, nonostante il significativo impatto della crisi dell’edilizia degli ultimi anni, ha mantenuto un primato produttivo e di esportazione a livello europeo e mondiale: è il settore delle membrane bituminose impermeabilizzanti, utilizzate principalmente per coprire i tetti e proteggere gli impalcati di ponti e viadotti da agenti atmosferici e dalla corrosione meteorica.
Oggi i produttori nazionali esportano in oltre 100 Paesi l’innovativa tecnologia nata in Italia, che ogni anno porta alla realizzazione di oltre 140 milioni di metri quadri di membrane impermeabilizzanti. Negli ultimi anni, nonostante un mercato nazionale in piena recessione, grandi gruppi internazionali hanno avviato acquisizioni dei principali operatori del comparto per rilevarne know-how, efficienza ed efficacia dei processi industriali.
Sono questi i principali trend che emergono dall’analisi promossa dal SITEB - l’Associazione Italiana Bitume e Asfalto sul settore delle membrane impermeabilizzanti presentata stamane.
Le membrane impermeabilizzanti, bitume-polimero, trovano oggi applicazione principalmente nelle coperture di tetti e terrazze (93%), mentre alla protezione di ponti e viadotti, ai lavori idraulici ed edili di vario tipo (compresa l’applicazione stradale) va il restante 7% del business, grazie alla facilità d’uso e all’elevata capacità protettiva da agenti atmosferici; le membrane bituminose sono state ideate e realizzate per la prima volta in Italia nel 1960 e da qui si sono diffuse rapidamente prima in Europa e poi negli altri Continenti. Si tratta di un’innovazione tutta italiana, apprezzata e spesso adottata dall’edilizia di tutto il mondo che oggi garantisce al nostro Paese una leadership produttiva (al pari della Germania) e di export (esportiamo quasi il doppio dei tedeschi) a livello europeo.
Per garantire un’efficace tenuta impermeabilizzante, le membrane sono composte da una mescola bituminosa (il bitume è un prodotto derivante dalla distillazione del greggio), distribuita attorno a una struttura portante (la cosidetta “armatura”), con una doppia finitura superiore e inferiore.
Oggi poco meno della metà dei quantitativi prodotti in Italia (68 milioni di metri quadrati, il 43% dei complessivi 140) viene avviato all’esportazione.
L’industria italiana, che fino al 2008 copriva una fetta importante del mercato europeo (10.000 persone impiegate compreso l’indotto e una ventina di stabilimenti produttivi sparsi sul territorio), ha però subito un forte rallentamento dovuto in particolar modo al crollo della domanda interna, per la crisi del settore delle costruzioni (sia nel comparto residenziale, che industriale) e ha risentito anche di una, pur meno significativa, contrazione delle esportazioni. Il fatturato generato dal settore ha così registrato un deciso calo negli ultimi dieci anni, passando dai 490 mln di euro del 2006 ai 360 con cui, si stima, si chiuderà il 2016.
La crisi dell’edilizia ha, infatti, trainato verso il basso il comparto che nel 2006 produceva 250 milioni di metri quadri di membrane l’anno e che alla fine di quest’anno chiuderà con un quantitativo poco più che dimezzato, pari a circa 140 mln di mq. Il settore produttivo impiega oggi direttamente circa 1.000-1.200 dipendenti (oltre l’80% di sesso maschile e oltre il 90% con contratto a tempo indeterminato), mentre l’indotto (composto da agenti, rivenditori e applicatori) si è ridotto del 30% e sono rimasti in attività una dozzina di stabilimenti collocati per lo più nel Nord Est.
Nonostante la fase recessiva attraversata dal business delle costruzioni, negli ultimi anni alcuni grandi gruppi europei hanno concluso importanti operazioni di acquisizioni di primari players nazionali, attratti dalla tecnologia italiana e dall’efficienza dell’industria nazionale delle membrane. Restano per ora saldamente in mani italiane altri marchi ma occorre un significativo segnale di ripresa, che tarda a venire, e non aiuta di certo l’attuale fase di ristrutturazione dell’industria nazionale della raffinazione. Negli ultimi anni, 4 raffinerie italiane hanno chiuso i battenti (Marghera, Roma, Mantova e Trecate) e una (Busalla) a lungo chiusa per un incidente, ha appena riaperto. Il riequilibrio del settore petrolifero nazionale che vede un eccesso di capacità produttiva e un’impiantistica da rivedere, rischia di provocare qualche disagio in termini di qualità produttiva e carenze di approvvigionamento per il settore delle membrane impermeabilizzanti.
“Il settore delle membrane”, dichiara il Direttore del SITEB - Stefano Ravaioli, “è stato negli ultimi anni attaccato duramente dalla crisi dell’edilizia e dalla ristrutturazione attualmente in essere del comparto petrolifero collegato alla raffinazione, ma ha reagito puntando sulla crescita dei flussi di materiali esportati, sulla qualificazione del settore e sull’affinamento della qualità tecnologica dei processi. Oggi è necessario che il Governo acceleri i tempi della ripresa economica anche e soprattutto nei lavori pubblici (si pensi a quante scuole pubbliche necessitano di manutenzione), ancora rallentati dall’entrata in vigore del nuovo codice appalti che sta ulteriormente appesantendo un quadro di per sé già poco roseo provocando la “frenata” di molti bandi, significativi sia per numero che per importi”. ◆