Nel maggio del 2012 la Rocca Estense di San Felice sul Panaro, simbolo dell’omonimo paese, ha subìto gravi danni a causa del sisma che ha colpito l’Emilia Romagna. In seguito a questo evento, il Comune di San Felice, in collaborazione con alcune università, ha avviato un programma d’intervento che si propone di restituire splendore a questo importante monumento. La proposta di restauro pone le proprie basi su un approfondito studio preliminare, finalizzato all’elaborazione di un progetto critico e consapevole.
Infatti, questo complesso fortificato è frutto di tecniche costruttive e vicende storiche che, susseguendosi nel corso dei secoli, hanno portato alla conformazione attuale dell’intero insediamento urbano.
Le prime testimonianze storiche che parlano del Castellum Sancti Felicis risalgono agli anni 927-929.
Nel 1340 Obizzo III d’Este, vista l’importanza strategica del luogo, decise di rinforzarne le difese realizzando la Rocca. Il complesso originario, a pianta quadrangolare, risulta formato solo dall’antico mastio, nell’angolo sud-est, e dalla cinta muraria, bassa e merlata.
Nel Quattrocento, fu necessario un intervento di adeguamento delle strutture difensive alle nuove modalità di combattimento. Niccolò III d’Este affidò il compito all’ingegnere militare Bartolino Ploti da Novara. A questo momento sembra risalire l’aggiunta delle torri angolari e dell’apparato a sporgere. Inoltre, verso la fine del secolo furono ampliati gli spazi coperti. Dopo lungo periodo di degrado, all’inizio del Settecento furono ripristinate le coperture e sul finire del secolo venne aggiunta la casamatta nella corte interna.
Nel corso del Novecento la Rocca vide modifiche di maggiore entità. Nel 1910 avvenne la sopraelevazione del fabbricato occidentale. Negli anni ’20 fu realizzato, all’interno del mastio, un serbatoio idrico in c.a. il cui utilizzo provocò una profonda lesione: il serbatoio fu immediatamente svuotato e mai più utilizzato. Tra gli anni ’60 e ‘70 furono realizzati alcuni interventi di consolidamento, inserendo cordoli in c.a. nelle torri minori. Solo nel 1985 viene programmato un restauro complessivo, attuato in tre comparti. In questa occasione l’intervento principale ha riguardato la rimozione del serbatoio, il conseguente consolidamento della muratura del mastio con l’inserimento di trefoli al suo interno e il ripristino dei livelli originari. Questo è stato l’ultimo restauro fino al 2012, anno del sisma.
La fase conoscitiva ha poi indagato la conformazione attuale del fortilizio e il suo rapporto con i monumenti circostanti affinché il progetto di restauro possa portare alla rinascita non solo del fortilizio ma di tutto il centro storico. Il rilievo indiretto a laser scanner, integrato con il metodo diretto nei locali agibili, ha permesso di definire lo stato di fatto. Questo è stato confrontato con l’ultimo rilievo effettuato nel 1985 ad opera dell’architetto Vittorio Silvani. Ciò ha permesso di evidenziare il quadro fessurativo ante e post sisma e di notare che i punti in cui erano prima presenti fratture, riparate con cuci-scuci, sono rimasti illesi mentre nelle altre zone si sono diramate diffuse e profonde lesioni. Il rilievo critico degli elementi di pregio ha evidenziato, invece, i punti da preservare, ovvero gli affreschi all’interno del mastio e le pavimentazioni originarie. Infine, l’analisi materica e patologica hanno messo in luce, rispettivamente, l’eterogeneità dei materiali della diverse epoche e i degradi superficiali dovuti agli agenti atmosferici e all’avanzare del tempo.
Studiando gli eventi tellurici e i movimenti delle dorsali della zona colpita dal sisma si è compreso che i danni provocati alla struttura dalle forti scosse (5.8 e 5.9 magnitudo Richter avvenute nei giorni del 20 e 29 Maggio 2012) sono stati amplificati dall’alta componente verticale del sisma, tipica dei casi “near-fault”. Inoltre, confrontando lo spettro registrato in loco con quelli forniti dall’INGV, si nota che il sisma del 2012 è comparabile con i sismi attesi per elevati periodi di ritorno, ben superiori a 475 anni e prossimi al tempo di vita della struttura. Infatti è la prima volta che la Rocca subisce un sisma di tale intensità.
Per la valutazione dei danni è stato utilizzato un abaco dei meccanismi di dissesto che si manifestano con maggior frequenza nel sistema torre-recinto. L’analisi storica è stata utile per comprendere l’insorgere e la localizzazione di determinati meccanismi di collasso. Ad esempio, le principali lesioni riportate dal mastio, alla base e nel corpo centrale, corrispondono alla zona non rinforzata da tiranti, inseriti in seguito al restauro degli ultimi anni ’90, nella parte più alta della torre. Qui infatti, le scosse hanno provocato uno slittamento della parte superiore rispetto a quella inferiore. Ciò si traduce all’interno nel distacco dei pavimenti e nel cedimento delle imposte delle volte con conseguenti lesioni. Anche le torri presentano lesioni a taglio su più lati dovute alla mancanza di ammorsatura con la cortina muraria o alla spinta della volte interne. La parte sommitale risulta crollata in seguito alle concentrazioni tensionali generate dalla presenza del cordolo.
Questo studio preliminare è stato fondamentale per raggiungere una consapevolezza adeguata e per creare una base critica su cui fondare la fase di progettazione. La parte più significativa del progetto consiste nel restauro delle torri. Al termine di un articolato percorso, che ha visto la formulazione di numerose ipotesi, la nostra proposta d’intervento nasce dal dialogo tra i cittadini, che desidererebbero riavere l’immagine del proprio Simbolo, la Soprintendenza ai Beni Culturali e del Paesaggio, che impone il rispetto dell’articolato bagaglio culturale insito nella Rocca in un’ottica filologica e conservativa, il fare architettonico moderno, che vorrebbe esprimere il suo tempo, e l’evento sismico, che non può essere cancellato.