Abbiamo parlato con l'ing. Francesco Poma, Project Director di Webuild (già Salini Impregilo), per analizzare progetto, struttura e particolarità del nuovo Ponte San Giorgio di Genova. Un'eccellenza costruttiva realizzata in tempi record
Tra cordoglio e orgoglio. Costruire ponti è sempre un atto di pace e il ponte San Giorgio vuol essere un vascello che chiede il permesso di attraversare la Val Polcevera". Così inizia il discorso dell'architetto Renzo Piano durante l'evento dello scorso 3 agosto che ne ha sancito l'inaugurazione e l'apertura al traffico in tempi record. Ovviamente non è facile essere erede di una tragedia, ma l'archistar genovese augura al ponte di essere amato, "perché costruire è il contrario di demolire e questo ponte vuole essere semplice e forte come Genova, Genova che nella poesia di Caproni è «di ferro e di aria», così come questo ponte è costruito in acciaio ma forgiato nel vento". Progettato e realizzato dalla consortile PERGENOVA, joint venture tra Webuild (già Salini Impregilo), e Fincantieri Infrastructure, su disegno di Renzo Piano, la sua costruzione è avvenuta secondo un cronoprogramma di 12 mesi definito con il Commissario straordinario per la ricostruzione. Mai in Italia un'infrastruttura di questa complessità è stata costruita in tempi tanto compressi. Obiettivo condiviso da tutti i soggetti impegnati è stato quello di realizzare un'opera dal design sobrio e dai più elevati standard di monitoraggio e sicurezza, così da restituire al Paese e al territorio un collegamento nevralgico per la Liguria e i suoi porti, in grado di riconnettere Genova ai principali corridoi di trasporto europei.
L'ASSEGNAZIONE A PERGENOVA
Il 18 dicembre del 2018 il Commissario straordinario Marco Bucci, dopo aver vagliato diverse proposte nell'ambito della procedura negoziata, ha assegnato a PERGENOVA la progettazione e la costruzione del nuovo viadotto sul Polcevera.
Con PERGENOVA due aziende leader nei rispettivi comparti, Webuild (già Salini Impregilo) nelle grandi infrastrutture complesse, Fincantieri Infrastructure nella progettazione e realizzazione di grandi strutture in acciaio, hanno prestato la loro opera per il rilancio di Genova e del Paese.
PUNTI DI FORZA DEL PROGETTO
• L'ESTETICA. La linea del nuovo ponte ricorda la carena di una nave, proprio per richiamare la storia di una città di mare come Genova.
• LA SOLIDITÀ. Un progetto armonico nelle linee, con alti standard di sicurezza: le pile marcano la differenza con il precedente viadotto, l'alta qualità della struttura mista in acciaio e cemento armato garantisce la durabilità dell'infrastruttura.
• LE MODALITÀ ESECUTIVE. Gli alti standard realizzativi coniugano resistenza, sicurezza e velocità d'esecuzione con caratteristiche architettoniche di pregio.
• LA DIMENSIONE ECONOMICA E I TEMPI DI REALIZZAZIONE. Data la centralità dell'opera e la necessità di recuperare la competitività del sistema economico locale e nazionale, è stata privilegiata una proposta progettuale che bilanciasse la dimensione economica con quella temporale, per la consegna di un'opera complessa e di qualità nel minor tempo possibile.
Noi ne abbiamo parlato con l'ing. Francesco Poma, Project Director di Webuild (già Salini Impregilo) per la ricostruzione del Ponte e quanto segue è un'analisi del progetto, della struttura e delle particolarità del nuovo Ponte San Giorgio di Genova.
LA STRUTTURA
Si tratta di una struttura iperstatica mista, acciaio e cls, quindi 18 pile in cls fondate su pali di grande diametro, 1500 mm, a sostegno di un impalcato continuo in metallo completato da una soletta in cls, e dal pacchetto stradale.
La prima lavorazione effettuata è stata quella dei pali che hanno profondità fino ai 50 metri e sono armati con gabbie di armatura, i calcestruzzi usati per i pali di fondazione sono in classe di esposizione XA1, classe di consistenza S5 e classe di resistenza Rck 37 MPa; sono tutti ovviamente qualificati e forniti dalla Calcestruzzi che è stato il nostro unico fornitore per tutti i cls. Webuild (già Salini Impregilo) ha attivato da tempo con la Calcestruzzi una grossa sinergia riguardante la fornitura per un'altra grande opera in essere che è il Terzo Valico dei Giovi. Va da sé che avere un unico fornitore calato sul territorio e dotato di una potenza di fuoco di molti impianti ci ha davvero aiutato a contrarre i tempi di realizzazione.
Complessivamente i pali hanno necessitato di circa 18.000 mc di cls e per realizzarli abbiamo utilizzato fino a 6 macchine perforatrici in contemporanea, con tre impianti per fanghi bentonitici, così da aggredire le lavorazioni in più punti: sembra banale ma il 15 aprile, mezz'ora dopo l'avvenuta consegna dell'area su cui poter realizzare i primi pali, li stavamo già eseguendo fisicamente. Complessivamente erano più di 10.000 metri lineari di pali di grande diametro perché ognuna delle pile è sottofondata con un numero variabile che va da 6 a 16 pali, con profondità variabili in funzione delle caratteristiche geotecniche del sottosuolo. I pali di fondazione sono uniti insieme, dopo la scapitozzatura, con i plinti di fondazione delle pile che hanno il compito di solidarizzare tra loro i pali e unirli con la armatura del plinto stesso, per poi poter partire in elevazione con lo spiccato delle pile.
Pile che sono state volute molto esili, per due motivi: senz'altro per un'esigenza estetica dell'architetto ma anche e soprattutto per occupare meno suolo possibile, visto che ci trovavamo su un'area interessata da tantissime interferenze e tantissime preesistenze antropiche tanto che meno eravamo impattanti meno avevamo rischi non quantificati o non calcolati. Anche per i plinti, trattandosi di cls interrati abbiamo scelto una classe di esposizione XA1 e una classe di resistenza Rck 37 MPa con diametro massimo degli inerti di 16 mm. Si tratta di cls molto fluidi e il rapporto a/c è 0,47 con 375 kg di cemento al mc, sui plinti andiamo su incidenze che oscillano tra i 150-170 kg al metro cubo, quindi davvero plinti ben armati.
Le pile, pur nella loro semplicità, racchiudono tutta una serie di scelte tecniche ed anche estetiche meritevoli di approfondimento. Innanzitutto occorre sottolineare che l'estetica ovviamente ha guidato lo sviluppo del progetto, senza però condizionarne l'esigenza primaria, ossia quella di essere un progetto realizzabile in tempi comunque rapidi; per questo si è optato per scelte estetiche compatibili con le scelte esecutive e manageriali, così da rendere anche le pile realizzabili in tempi compressi. E così è stato: le pile sono tutte uguali, sia a livello di dimensioni sia a livello estetico. Si tratta di pile in ca, ovviamente di altezze diverse, con un volume cellulare interno unico, di forma ellittica e con i due assi rispettivamente di 9,5 m e 4 m. Queste misure sono state scelte appositamente per farle sembrare molto esili se viste di taglio e soprattutto se rapportate all'impalcato che sostengono che è largo circa 30 m, quindi il triplo della loro larghezza. Il cls impiegato per le elevazioni è decisamente più performante sia come classe di esposizione, XS3, dal momento che siamo su superfici esposte in ambiente marino, sia come classe di resistenza: si tratta infatti di un Rck 45 MPa, con rapporto a/c 0,445 e con 400 kg al m3 di cemento, con diametro di inerti massimo di 16 mm. A livello di incidenza dell'acciaio su queste pile siamo sui 160 kg al mc, dal punto di vista tecnico esecutivo l'uniformità delle 18 pile, anche quelle più piccole in termini di geometria ha ovviamente consentito di far sinergia sui casseri rampanti che con i loro sottoponti e sovraponti venivano movimentati con gru a torre dedicate e che noi abbiamo accostato fino al numero parallelo di 5. Il fatto di avere 5 casseri tutti uguali a disposizione ha consentito delle sinergie veramente importanti, specie considerando che abbiamo iniziato le pile il 16 luglio e le abbiamo finite il 18 febbraio, arrivando a fare fino a 4 o 5 getti di elevazione sulle pile in contemporanea.
Sempre per quanto riguarda le pile occorre sottolineare che Webuild (già Salini Impregilo), insieme al fornitore Calcestruzzi, ha lavorato molto sulla miscela del cls anche dal punto di vista tecnico, non solo sulla sua classe di consistenza e classe di resistenza, ma anche sulla curva di maturazione proprio perché la necessità era quella di realizzare pile in tempi decisamente rapidi e avevamo bisogno di un calcestruzzo che nelle prime ore di posa fosse in grado di consentire la sua lavorabilità, la sua applicabilità, la sua posa, la sua vibrazione, la sua messa in opera ma che poi a fine getto iniziasse la sua curva di maturazione in maniera abbastanza veloce in modo tale da raggiungere il più presto possibile i 12 MPa che è il dato progettuale di riferimento per poter avviare le operazioni di scassero, quindi liberare la cassaforma e andarla a riposizionare in quota alla posizione successiva.
Tramite valutazioni molto approfondite con la Calcestruzzi e con il loro laboratorio specializzato siamo riusciti a mettere a punto una miscela in grado di garantirci tempi di scassero davvero incredibili: in alcune situazioni il cls raggiungeva i requisiti richiesti dopo neanche 16 ore, quindi il ciclo completo tra un getto e il successivo è arrivato a durare anche, in alcuni casi, poco meno di 48 ore. Ecco un altro fattore che ci ha garantito straordinari tempi di realizzazione di queste pile. Una pila da 40 metri in ca siamo riusciti a farla in meno di un mese, ovviamente lavorando H24/7 giorni su 7.
Non va dimenticato che il periodo di realizzazione delle pile ci ha visti all'opera sia d'estate sia d'inverno, quindi anche la miscela del cls è stata di volta in volta adattata alle condizioni climatiche: in estate il caldo tende a far maturare il calcestruzzo troppo velocemente, quindi per assurdo abbiamo dovuto rallentarne la maturazione, mentre in inverno si è presentato il problema opposto visto che il freddo e le temperature più rigide facevano rallentare la maturazione per cui è stata modificata la miscela con l'inserimento di additivi acceleranti per raggiungere quei famosi 12 MPa necessari per l'inizio delle operazioni di rampaggio in minor tempo.
Molto interessante è stato anche il sistema con cui tenevamo sotto controllo il raggiungimento dei 12 MPa, che vale sempre la pena ricordarlo non è la resistenza del cls ma è la resistenza minima che deve raggiungere il cls per procedere con la "scasseratura", ovvero l'allentamento del cassero per procedere con il suo sollevamento nella nuova posizione di getto. Ovviamente poi il cls raggiungeva classi di resistenza ben superiori alla classe di resistenza minima richiesta.
Ebbene, per poter valutare la reale resistenza del calcestruzzo delle elevazioni e monitorare il raggiungimento di questi 12 MPa, dato che aveva anche una valenza in termini di sicurezza in quanto "scasserare" troppo velocemente poteva mettere a rischio non solo l'opera ma anche i lavoratori, come del resto scasserare tardi ci avrebbe comunque fatto perdere tempo, sono stati realizzati dei prelievi di cls aggiuntivi dall'ultima betoniera posata in opera che venivano testati ogni due ore per poter individuare con maggiore precisione e sicurezza il raggiungimento della resistenza minima per l'inizio dello scassero, evitando di perdere tempo nell'attesa. Sono stati studiati e sperimentati diversi metodi di conservazione dei cubetti "dello scassero" in modo da poter ricreare nei cubetti a terra le stesse condizioni di maturazione del calcestruzzo in opera; durante l'inverno i cubetti sono stati posizionati in vasche di maturazione mantenute alla stessa temperatura del calcestruzzo dell'elevazione, quest'ultima costantemente monitorata attraverso sonde wireless annegate nel getto in opera.
Per concludere la descrizione delle pile, queste saranno poi rivestite e verniciate, così da rispondere alle esigenze estetiche e cromatiche volute dall'architetto. Anche se occorre specificare che le esigenze estetiche si sono trasferite anche sulla miscela di cls, visto che l'Arch. Renzo Piano ha voluto scegliere personalmente inerti e cementi proprio per verificarne la colorazione. Sappiamo che alcune differenze soprattutto di inerti e di tipologie di cemento possono dare delle lievi o diverse colorazioni del cls, quindi Renzo Piano è voluto intervenire su questi aspetti come è voluto intervenire sulle riprese di getto specificando che dovevano essere tutte di 4,5 m e tutte allineate a partire dall'impalcato a scendere.
Una curiosità riguardante le pile è che sono tutte cave ma non ispezionabili, quindi per scelta del progettista il vuoto interno cellulare della pila non è ispezionabile se non attraverso dei fori che sono stati predisposti per poter accedere con una telecamera e nel tempo eventualmente fare delle scansioni o delle ispezioni. Il piano di manutenzione prevede che se tra moltissimi anni ci fosse la necessità, evidenziata da quella ispezione, di fare un accesso all'interno delle pile si potrà idrodemolire in punti specifici per creare un varco interno. Per ragioni di sicurezza si è scelto di non lasciare un accesso all'interno alle pile, proprio per evitare potenziali situazioni di rischio come eventuali azioni di sabotaggio o attacchi terroristici.
GLI IMPALCATI
Gli impalcati metallici sono stati realizzati in acciaio S355 J2+ N, dove N sta per normalizzato, un trattamento termico mediante il quale viene affinata e resa più uniforme la grana cristallina dell'acciaio, aumentando la resistenza del materiale e facendo spostare la transizione duttile-fragile.
L'impalcato è costituito da 17.700 ton di acciaio, è lungo complessivamente 1,067 km (l'asse principale) più la rampa di circa 120 m (l'impalcato della rampa). Attraverso i singoli vari è stato tutto collegato e saldato insieme formando una struttura unica. Se vogliamo scomporre queste 17.400 ton, possiamo precisare che le campate da 50 metri dove le lamiere principali (fondo inferiore) arrivano a spessori di 20 mm sono costituite da 16 ton al metro, mentre invece per gli impalcati da 100 metri andiamo a 21/22 ton/m e le lamiere di fondo arrivano a 40 mm, quindi lamiere decisamente più importanti. Dal punto di vista strutturale l'impalcato metallico è costituito da un corpo principale al quale vengono agganciate due strutture secondarie, i cosiddetti remi laterali, bullonati alla struttura principale e poi chiusi da carter che rendono la struttura simile alla carena di una nave che appare sospesa. L'altezza massima del cassone, dall'intradosso fino alla sommità della soletta, è di circa 4,70 m, il peso dell'impalcato da 100 m è 1900 ton, l'interasse longitudinale dei tre vertici di questi remi è 4,545 metri che è un interasse di riferimento per parecchi elementi come i montanti delle barriere e tutti gli elementi di dettaglio del bordo ponte. Sempre in ottemperanza al concetto di eseguire più lavorazioni possibili in parallelo e completare questo ponte in tempi record, è stato scelto un progetto che comportasse una grossa parte di prefabbricazione in stabilimento, quindi tutti e tre questi grossi elementi, corpo centrale più remi laterali, per buona parte venivano prodotti, preassemblati e verniciati in stabilimenti che Fincantieri utilizzava sul territorio nazionale, da Castellamare di Stabia, Valeggio sul Mincio e Brindisi sono stati trasportati via mare e via terra fino al deposito al Porto di Genova, dopodiché sono stati trasportati in cantiere con trasporti eccezionali, effettuati per lo più nelle ore notturne. Una volta trasferiti in cantiere venivano ricreate le condizioni di stabilimento per poter procedere con le saldature e le giunzioni di queste parti, quindi per portarli alla configurazione finale che rendesse possibile poi la successiva operazione di varo, che era di due tipologie o con maxi gru da 1200 o 2500 ton oppure col sistema strain jack. Il varo con le gru ci ha consentito una certa elasticità di lavorazione perché in un contesto complesso come quello in cui stavamo andando a realizzare il ponte, in particolare nelle zone di spalla dove non si poteva procedere con gli strain jack, il sistema con le gru ci ha consentito di varare e di adattare la configurazione di lavoro in base alle situazioni contingenti. Per le campate centrali, quelle da 100 m, come le campate di chiusura, si è potuto tranquillamente, anzi necessariamente procedere con gli strain jack perché hanno consentito di lavorare da terra, quindi assemblare gli impalcati in tutta la loro completa configurazione, ossia corpo centrale più remi laterali e su quelle da 100 m ci hanno consentito di anticipare alcune lavorazioni come il montaggio degli impianti interni, delle predalles e, addirittura, il montaggio dell'armatura della soletta, quindi l'impalcato a terra veniva assemblato pressoché interamente, poi spostato nella sua configurazione di varo. La campata tra pila 9 e pila 10 è stata tra le più complesse: non solo eravamo in mezzo al Polcevera, ma anche in pieno periodo Covid e poi venivamo da qualche giorno di pioggia che minacciava la piazzola che avevamo creato all'interno del fiume per la presa in carico e il trasferimento provvisorio di questo impalcato per la sua posizione di varo, così come la campata 10 e 11 forse ancora più complessa perché varavamo sopra la linea ferroviaria in esercizio.
Queste soluzioni di varo nella loro complessità ci hanno consentito di sollevare questi tre pezzi pressoché completi in tutte le loro finiture e dettagli anche in termini successivi per il getto della soletta.
Gli impalcati poi sono tutti oggetto di verniciatura ad altissimo livello di protezione con ciclo C5-VH.
Sicuramente i 3 vari delle 3 campate da 100 metri sono stati quelli tecnicamente più complessi, più arditi, di cui 2 di questi 3 sono stati realizzati in pieno periodo Covid e anche questo fatto non è trascurabile. E quello sul fiume per noi era stato una grande fonte di preoccupazione perché era l'unico dei tre che era legato alla natura esterna, quindi al comportamento di questo torrente. Nella sua transizione tra le due pile doveva essere preso in carico da un grande carrellone, abbiamo deviato il fiume provvisoriamente tutto su un lato. I vari con le gru erano meno scenografici ma dal punto di vista tecnico erano più complessi perché dovevamo predisporre le piazzole di varo dove si muovevano le gru che scaricavano a terra dei carichi fortemente impegnativi, mediamente 2.5 kg al cm2 e fino a 3.5 kg al cm2, su un'area dove c'erano preesistenze e cavità sotterranee, quindi ricordo che la preparazione delle piazzole di varo delle gru era una delle fasi più delicate, a cui seguiva una fase di collaudo e di verifica. Queste fasi le avevamo standardizzate: facevano prima una serie di georadar per verificare che non ci fossero cavità sotterranee, dopodiché si iniziava a stendere materiale misto naturale stabilizzato, rullato e compattato, per poi completare in alcuni casi, soprattutto quando c'erano giornate di pioggia, e sono state molte, quando il misto naturale stabilizzato non riusciva a raggiungere i requisiti prestazionali, con un ulteriore strato di misto cementato di 20 cm, proprio per raggiungere la portanza che era richiesta per l'esercizio delle gru. Questa è stata una delle lavorazioni magari più nell'ombra ma più delicata.
Dal punto di vista strutturale e antisismico, l'impalcato è "isolato" rispetto alle pile attraverso l'utilizzo di apparecchi di appoggio che consentono al ponte di "respirare" senza che vi sia alcuna influenza sulla sua stabilità e resistenza. Tale strategia ha consentito l'ottimizzazione delle strutture, delle sottostrutture e in particolar modo delle fondazioni, limitando le dimensioni delle stesse in un contesto fortemente urbanizzato.
LA SOLETTA
Per la soletta sono stati impiegati calcestruzzi con classe di esposizione XD3 e classe di resistenza Rck 55, quindi decisamente resistenti, con un rapporto acqua/cemento di 0,375, 480 chili al mc di cemento. Stiamo parlando di una soletta, quella dell'asse principale, di 21 cm di spessore e 8.000 mc di volume di cls. Sulle campate da 100 metri sono state poste le predalles metalliche mentre su quelle da 50 metri le predalles in cls (spessore pari a 7 cm). Lo spessore della soletta quindi era leggermente variabile a seconda delle due tratte, su quelle metalliche arrivava a 25 cm. Più o meno l'incidenza totale dell'armatura è di 250 kg al mc, per cui anche la scelta della miscela è andata su mix che garantissero la penetrazione di questo blocco di acciaio decisamente armato e quindi siamo su dei diametri massimi molto piccoli perché stiamo parlando di 16 mm. Sui 3 cordoli d'impalcato, quello centrale e i due laterali, abbiamo usato per le armature 2000 ton di acciaio inox per evitare eventuali problemi di ossidazione e di danneggiamenti delle armature. Molto interessante è stata la fase esecutiva, tenendo ben presente che a giugno, nei 15 giorni precedenti alla realizzazione della soletta, è stato ricentrato termicamente l'impalcato metallico, vale a dire che una volta che sono stati eseguiti tutti i vari e le diverse campate sono state solidarizzate attraverso saldature, questa immensa trave da oltre un chilometro è stata posizionata e calata sugli appoggi definitivi. Questa attività è stata particolarmente complessa visto che su tutte le pile occorreva eseguire regolarizzazioni, spostare in termini di cm questo impalcato per andarlo a mettere nella sua posizione di progetto. Solo completata questa fase si poteva procedere con la realizzazione delle solette e quindi noi ci siamo ritrovati attorno a metà giugno con la proiezione di aprire al traffico al 31 luglio e con l'assoluta necessità di comprimerne il tempo di realizzazione in maniera estrema, perciò abbiamo studiato un sistema particolare di getto con un carosello, una specie di giostrina che corre su due binari, sia da Ponente che da Levante a partire dalle due spalle in modo tale da gettare pressoché in continuo dalle due estremità e arrivare fino a 1000 mc di getto al giorno. Alla fine la soletta è stata realizzata in soli 9 giorni: un risultato davvero straordinario, che è stato anche una milestone del nostro cronoprogramma, in quanto ha segnato uno spartiacque tra tutte le lavorazioni fatte in precedenza e quello che si sarebbe dovuto fare in seguito e che riguardava tutto il mondo delle finiture, degli asfalti, dei guardrail, ecc., il tutto in un tempo che ormai era estremamente compresso, perché eravamo a 45 giorni dall'apertura al traffico.
Sopra la soletta dell'impalcato è stata stesa una cappa asfaltica impermeabilizzante, dopodiché sopra è stato realizzato lo strato di binder di 7 cm e l'usura di 4 cm. Sugli asfalti abbiamo adottato delle miscele di conglomerato bituminoso con composti polimerici innovativi in grado di ottenere un miglioramento della rigidezza, cioè della resistenza a trazione e fatica degli asfalti, che si traduce in un asfalto di maggior durabilità rispetto agli asfalti tradizionali, anche grazie alla presenza di materiale plastico di scarto, quindi in ottemperanza dei dettami della Circular Economy. Dopodiché in alcune zone dell'asfalto, soprattutto sulla carreggiata ovest e sulle uscite in carreggiata est, è stato applicato sullo strato di usura quello che viene chiamato grip road: un prodotto che va a migliorare le condizioni di aderenza dell'asfalto, proprio per sottolineare e accrescere il concetto di sicurezza che sottende l'idea stessa del nuovo ponte.
LE FINITURE
Sono stati montati quattro filari di barriere guardrail H4 bordo ponte: due sul cordolo centrale e due sui cordoli laterali. L'elemento di bordo laterale è formato da pannelli in vetro con il più alto grado di trasparenza riscontrabile sul mercato e pannelli fotovoltaici, anche questi legati a delle esigenze più che altro estetiche, nel senso che l'architetto Piano ha voluto che questo ponte fosse altamente trasparente per rendere possibile ai viaggiatori, qualsiasi sia la loro direzione di provenienza e senza distrarsi dalla guida, di rendersi conto del paesaggio circostante, da monte a valle.
I pannelli fotovoltaici corrono su entrambi i lati del ponte, entrambi i lati per un'esigenza estetica perché in realtà il sole lo prendono più che altro quelli lato mare che consentono di supportare la necessità energetica del ponte per più di un terzo della sua esigenza.
UN PONTE SMART E SOSTENIBILE
Il ponte costituisce un'infrastruttura all'avanguardia, benchmark di riferimento per opere simili, ed è completamente "smart". L'opera, infatti, è dotata di una serie di innovativi sistemi di monitoraggio, supervisione e controllo, tra cui sistemi di automazione robotica per il controllo infrastrutturale e impianti controllati in modo centralizzato.
Le più innovative tecnologie sono messe al servizio della sicurezza. Il sistema di sensoristica impiantato nell'infrastruttura permette di monitorare i fisiologici fenomeni di usura ed eventuali impatti di eventi straordinari, così da poterne programmare la manutenzione.
Il ponte, infatti, è stato creato per essere uno "strumento intelligente", in grado di fornire autonomamente dati sul comportamento di tutte le sue parti, nonché informazioni relative al suo stato di esercizio, attraverso un complesso sistema di oltre 250 sensori interni costituito da accelerometri, estensimetri, velocimetri, inclinometri e rilevatori della dilatazione dei giunti e degli spostamenti differenziali. Installati in più punti strategici, i sensori misurano la verticalità delle pile, lo spostamento pila/impalcato, la dilatazione termica, che arriva a più o meno 40 cm di allungamento o di accorciamento. Particolare è poi il sistema di monitoraggio bisonte che monitora il numero dei mezzi che passano sul ponte e il loro peso. L'utilizzo di questi sistemi permette la creazione di una banca dati che potrà essere studiata e monitorata costantemente diventando, inoltre, una base per la progettazione futura di infrastrutture della stessa tipologia. Uno speciale sistema di deumidificazione, poi, evita la formazione di condensa salina, limitando i danni da corrosione. La manutenzione e la pulizia della barriera in vetro e dell'impianto fotovoltaico è affidata a dei robot, in grado di percorrere il bordo del ponte tramite binari e ruote motrici. I robot si occupano anche del monitoraggio esterno dell'impalcato, integrando le informazioni del sistema dei sensori interni tramite un braccio retrattile sul quale sono installate fotocamere ad alta risoluzione e sensori di misurazione delle condizioni e deformazioni delle superfici, nonché degli spessori di vernici e dello stato delle saldature. I due robot inspection nati e progettati per questo ponte, con un ciclo completo di ispezione della durata di 15 ore vanno a fare 35000 fotografie che confrontano con tutti i cicli fatti in precedenza in modo tale da verificare se ci sono warning da lanciare alla centrale di controllo e quindi al concessionario. Oltre a questi due robot abbiamo anche due robot wash che attivandosi in autonomia in base alle condizioni esterne e autoregolandosi nel loro impiego, tengono puliti i vetri e i pannelli fotovoltaici utilizzando la stessa acqua di rugiada che si accumula la mattina sopra i pannelli, quindi senza necessità di acqua dall'esterno in perfetta ottica green.
Inoltre, dentro al ponte vi è un impianto di deumidificazione salina, praticamente una sorta di grosso condizionatore che ha lo scopo di riequilibrare il delta igrometrico tra l'interno e l'esterno del cassone: quando c'è un differenziale di temperature eccessivo si innescano dei fenomeni di rugiada e umidità all'interno, quando i sensori di temperatura e umidità interni esterni gli danno questo segnale questo impianto si attiva. Se all'interno del cassone ci sono sensori di temperatura, umidità, punti di saldatura, sul ponte è stata collocata una stazione meteo completa, così da monitorare tutti i parametri fondamentali.
Un dettaglio interessante riguarda il sistema di smaltimento acque: in caso di pioggia tutte le acque vengono raccolte da dei sistemi pluviali che entrano all'interno del cassone e poi vengono raccolti da 2 tubazioni che corrono all'interno, non visibili dall'esterno per ragioni estetiche, che vanno a scaricare le acque sui due versanti, poi le acque vanno in vasche di laminazione che servono per ridurre l'energia cinetica per poi portarle fino allo scarico definitivo. Nel lato di Levante abbiamo pensato di recuperare il plinto della vecchia pila 11 del Ponte Morandi che è stato quindi riqualificato e i suoi vani interni utilizzati riconvertendoli come vasche di laminazione. Ovviamente è stato prima oggetto di una campagna di verifica che ha rivelato l'assoluta idoneità dei calcestruzzi.
Il nuovo ponte è stato costruito con una forte attenzione alla sostenibilità. Il suo impatto ambientale è limitato dalla presenza di pannelli fotovoltaici che ne riducono in maniera consistente l'impegno energivoro. La captazione della luce solare tramite i pannelli, infatti, permette alla struttura di produrre l'energia necessaria per il funzionamento notturno e diurno di tutti i suoi sistemi, come l'illuminazione, la sensoristica e gli impianti.
Il nuovo ponte è diventato il simbolo della rinascita della città di Genova, nonché un modello da imitare per una nuova fase di sviluppo del Paese, mostrando come anche in Italia sia possibile realizzare grandi opere, sperimentando collaborazioni virtuose fra pubblico e privato e fra grandi aziende leader di settore. Ben consapevoli che, come ha affermato Giovanni Toti, Governatore della Liguria, durante l'evento dello scorso agosto, questo ponte deve essere un monito: mai più una tragedia del genere e sempre così nell'unire le forze e realizzare grandi progetti.
CREDITS:
Courtesy of Webuild Image Library
LA SOCiETÁ PERGENOVA
PERGENOVA S.C.p.A. è la società consortile per azioni costituita da Fincantieri Infrastructure e Salini Impregilo per la progettazione e la costruzione del nuovo viadotto Polcevera dell'autostrada A10.
La joint venture rappresenta un modello di collaborazione tra grandi aziende complementari tra loro con l'obiettivo di mettere a disposizione della città e del Paese un know-how su componenti e tecniche di costruzione unico, maturato in decenni di esperienza in tutto il mondo.
WeBuild
Webuild, il nuovo Gruppo che nasce nel 2020 da Salini Impregilo, è uno dei maggiori global player nella realizzazione di grandi infrastrutture complesse per la mobilità sostenibile, l'energia idroelettrica, l'acqua, i green buildings (sustainable mobility, clean hydro energy, clean water, green buildings), supportando i clienti nel raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile - SDG. Il Gruppo è l'espressione di 114 anni di esperienza ingegneristica applicata in 50 paesi in cinque continenti, con 50.000 dipendenti tra diretti e indiretti, di oltre 100 nazionalità. Riconosciuto per 5 anni da Engineering News - Record (ENR) come prima società al mondo per la realizzazione di infrastrutture nel settore acqua (dighe, progetti idraulici e di smaltimento acque reflue, impianti di potabilizzazione e dissalazione), dal 2018 è incluso nella top ten del settore ambiente ed è anche leader nel settore della mobilità sostenibile (in particolare metropolitane e ferrovie, oltre a strade e ponti). Firmatario del Global Compact delle Nazioni Unite, il Gruppo esprime le sue competenze in progetti come le metropolitane di Milano M4, Grand Paris Express, Cityringen di Copenhagen, Sydney Metro Northwest in Australia, Red Line North Underground a Doha, Linea 3 Metro a Riyadh; le linee ferroviarie ad alta velocità in Italia; il nuovo Ponte di Genova in Italia e il nuovo Gerald Desmond Bridge a Long Beach, California; l'espansione del Canale di Panama; l'impianto idroelettrico Snowy 2.0 in Australia; la diga di Rogun in Tajikistan; l'Anacostia River Tunnel e il Northeast Boundary Tunnel a Washington D.C.; lo stadio Al Bayt, che ospiterà la coppa del mondo del 2022 in Qatar. Alla fine del 2019 ha registrato un valore complessivo di nuovi ordini di e 8,1 miliardi, un portafoglio ordini totale di e 36,2 miliardi, con oltre l'85% del backlog costruzioni relativo a progetti legati all'avanzamento degli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) delle Nazioni Unite, e il 60% relativo a progetti focalizzati alla riduzione di emissioni di gas serra. Webuild, soggetta ad attività di direzione e coordinamento da parte di Salini Costruttori S.p.A., ha sede in Italia ed è quotata presso la Borsa di Milano (Borsa Italiana: WBD; Reuters: WBD.MI; Bloomberg: WBD:IM).
Fincantieri Infrastructure
Specializzata nella progettazione, realizzazione e montaggio di strutture in acciaio su progetti di grande dimensione quali ponti, stadi, porti oltre a progetti di tipo industriale, commerciale e istituzionale. Opera come EPC contractor con competenze di project management, di ingegneria e di costruzione non comuni, maturate in un settore complesso come quello della costruzione navale, in cui Fincantieri è leader mondiale.
Fincantieri ha una presenza consolidata e rilevante sul territorio ligure, occupando circa 3.000 addetti diretti considerando anche le controllate, di cui poco più del 70% nell'area militare e il restante in ambito civile, come ad esempio nella costruzione di navi da crociera presso lo stabilimento di Sestri Ponente.
Nell'ambito di una supply chain prevalentemente italiana, Fincantieri ha realizzato acquisti in Liguria nel biennio 2016-2018 per circa 1,6 miliardi di euro, corrispondenti al 14% dei suoi acquisti, distribuendoli tra circa 600 aziende, prevalentemente PMI.
«Fin dal primo momento Fincantieri si è resa disponibile, lo dovevamo a Genova e alla Liguria - ha commentato l'Amministratore Delegato di Fincantieri, Giuseppe Bono il giorno dell'assegnazione - La nostra competenza nella gestione di processi e prodotti complessi ci pone nelle condizioni di realizzare il miglior lavoro possibile per dare alla città nei tempi previsti un'opera bella, funzionale e che duri nel tempo. Sono convinto che la nuova infrastruttura sia il migliore esempio di un'Italia che, se unisce le proprie eccellenze, è in grado di fare sistema e compiere grandi opere al servizio del Paese».