Progetto per un nuovo ponte dell’Accademia a Venezia: un ponte per tutti

Tesi di laure Magistrale in Architettura e Città Sostenibili A.A. 2020/2021, Università di Parma - DIA 2021 
Relatore: prof. Arch. Carlo Quintelli  
Co-relatori: prof. Ing. Roberto Brighenti (modulo strutturale), prof. Arch. Emanuele Naboni (modulo tecnologico), prof. Fausto Pagnotta (modulo sociologico), prof.ssa Arch. Chiara Vernizzi (modulo di rappresentazione)

Ogni città possiede caratteristiche e tematiche peculiari anche dal punto di vista architettonico. Nel caso veneziano, tra le tante, potremmo individuare nella tipologia architettonica del ponte, il simbolo caratteristico del capoluogo Veneto.
Parlare di ponti a Venezia non significa solo parlare di infrastrutture ma ampliarne la definizione e parlare di infrastrutture che diventano architettura intesa nella sua completa accezione.
La città di Venezia conta più di 400 ponti, che abbiamo a catalogato, localizzato e analizzato sia dal punto di vista tipologico (72% costruiti ad arco a tutto sesto, 15% ad arco e ribassato e 13% con forma trapezoidale o rettilinea) ma anche da quello materico (14% costruiti in ferro, 14% in legno e 72% in pietra o mattoni); i quattro ponti presenti su Canal Grande sono quelli che vantano di maggior risonanza, fama ed importanza; tra questi troviamo l'oggetto di studio e di progetto, il Ponte (incompiuto) dell'Accademia.
La nascita del ponte (originariamente denominato Ponte della Carità per il collegamento che crea tra l'ex chiesa Santa Maria della Carità e San Vidal) risale al 1852 su progetto dell'ingegnere inglese Alfred Neville; dopo qualche anno, presentò i primi problemi statici, dati dalla debolezza di alcuni punti della struttura, e nel periodo fascista presentava ormai preoccupanti segni di deperimento e corrosione. Nell'attesa della costruzione di un nuovo ponte in pietra, per il quale era stato indetto un concorso nazionale vinto dal progetto di Duilio Torres (architetto) e Ottorino Bisazza (ingegnere), venne costruito in soli 37 giorni un ponte provvisorio in legno progettato da Eugenio Miozzi (1889-1979), che venne aperto al pubblico il 15 febbraio 1933 e che non è stato più sostituito.Alcuni anni dopo, in occasione della biennale di Venezia del 1982, il direttore di quell'anno, Aldo Rossi, propose come tema del festival il progetto per un nuovo ponte dell'Accademia; tanti furono gli architetti, ingegneri, associati e gruppi di studenti universitari che parteciparono da tutto il mondo. Ad oggi il ponte dell'Accademia è ancora lo stesso "provvisorio" di Menozzi.Parliamo di un tema ricco d'interessi e stimoli ed estremamente "raro" per chi si occupa di progettazione architettonica. Senza voler cadere in banalità, progettare a Venezia significa relazionarsi con un contesto peculiare e mettersi in gioco con un archetipo non è mai cosa semplice bensì fatto complesso e ricco di insidie.
L'argomento progettuale della tesi di laurea parte proprio da qui, da un tema irrisolto, un tema che ha conosciuto tanti protagonisti, numerose idee e proposte ma che non è mai giunto alla sua risoluzione e conseguente realizzazione.

Lo spirito che ha guidato il nostro gruppo di progettazione trova le sue radici nella necessità di possedere un profondo bagaglio di conoscenza legato all'analisi e allo studio della storia veneziana e del ponte; in particolare l'attenzione è rivolta ai fruitori del ponte dell'Accademia, avendo ben chiaro il traffico pedonale di Venezia - residenti, turisti, studenti e lavoratori - che tutti i giorni godono del ponte - e conseguentemente arrivando a definire le effettive necessità funzionali e progettuali.
Il progetto nasce quindi da una serie di domande che di conseguenza necessitano di risposte; in prima istanza capiamo essere primaria la necessità di creare un luogo urbano fruibile a 360°, in cui nessuno deve essere escluso, qui troviamo la prima parola chiave caratteristica del progetto: inclusione. Per cercare di venire realmente incontro alle necessità dei fruitori - e non solo - il gruppo di lavoro ha realizzato un questionario online, sfruttando la metodologia ormai diffusa del Google Form, che si è cercato di diffondere tramite social e il passaparola. Il questionario mirava ad interrogare i soggetti chiedendo loro quali potessero essere necessità e aspettative, andando a toccare anche aspetti di carattere sociale. L'analisi si è andata ad approfondire tramite ricerche mirate sull'aspetto dell'accessibilità; parlare di accessibilità nel contesto veneziano significa parlare di una difficoltà diffusa legata indubbiamente alla sua morfologia. Ad oggi è sempre più importante predisporre i luoghi in modo tale che siano fruibili da chiunque, dal bambino all'anziano o da soggetti con difficoltà motorie. Riflettere questo nella laguna vuol dire trovare soluzioni tecnologiche concrete in grado di perdurare nel tempo.

Abbiamo parlato di traffico di terra - o per meglio dire, trovandoci a Venezia - di traffico pedonale, ma aspetto altrettanto importante è sicuramente il traffico marittimo. Le vie d'acqua, infatti, sono utilizzate quotidianamente per trasporti di persone e merci; significativo è soprattutto il traffico che troviamo in Canal Grande. Questo è indubbiamente un fattore da analizzare, per questo abbiamo colto l'occasione per studiare il fenomeno e proporre possibili soluzioni. Partendo dal presupposto che lo studio del traffico marittimo è partito dall'analisi del tema delle grandi navi a Venezia che specie negli ultimi anni è stato largamente affrontato e discusso, il nostro lavoro si è concentrato su un traffico più "circoscritto", quello del Gran Canal, che è strettamente in relazione con Ponte dell'Accademia. Il movimento che interessa Canal Grande è costituito principalmente da imbarcazioni come taxi (piccole-medie dimensioni), vaporetti (grandi dimensioni) e gondole (piccole dimensioni). Gli aspetti d'analisi sono sostanzialmente tre: inquinamento, approdi e l'importante moto ondoso. Questi tre aspetti sono l'uno conseguenza dell'altro, la presenza di numerose imbarcazioni significa generare affollamento marittimo che necessita di approdi ben posizionati e strategici, grande affollamento genera automaticamente l'aumento notevole del moto ondoso delle acque che vengono ricettate dalle sponde - che a questo punto subiscono corrosioni e devono quindi essere rafforzate - ed infine, le imbarcazioni (a motore) sono origine di un notevole inquinamento delle acque. Affrontare queste problematiche per noi ha significato mappare gli attuali approdi e riposizionarli, andandone a diminuire il numero (dimezzandoli). Questo dovrebbe portare ad una velocizzazione dei tragitti - snellimento del traffico - che è conseguenza diretta di una diminuzione del moto ondoso. In relazione vi è anche il minor numero di fermate e ripartenze che coinvolgono le imbarcazioni (fattore che le fa consumare maggior quantità di carburante), conseguenza diretta della diminuzione dei fattori inquinanti in grado di ridursi considerevolmente se le imbarcazioni a motore - del tutto o in parte - venissero sostituite con imbarcazioni elettriche.

A proposito di questo, abbiamo avuto modo di porre alcune domande all'azienda italiana Transfluid (punto di riferimento internazionale nell'ambito delle trasmissioni industriali e marine con i relativi componenti), che ha progettato e fornito vaporetti elettrici alla città di Amsterdam che, ad oggi, sfrutta questi mezzi a consumo zero per la navigazione dei suoi canali per circa il 90% delle imbarcazioni. L'azienda ci fa presente che si potrà portare il sistema di trasporto veneziano verso una direzione più green ma le differenze con Amsterdam restano molte, tra l'altro la natura stessa dei canali: Amsterdam ha infatti, solo canali interni artificiali con limiti di velocità molto restrittivi, Venezia presenta sia canali all'interno dell'area urbana, sia navigazione mista nella Laguna che nel suo insieme copre un'area nettamente maggiore di Amsterdam. I vantaggi nel lungo periodo sarebbero evidenti, ma molto difficili da quantificare da un punto di vista monetario riportato all'oggi. Pensiamo ai vantaggi ambientali: diminuzione dell'inquinamento dell'aria e dell'acqua come anche di quello acustico, per non parlare della riduzione di moto ondoso che seguirebbe con la progettazione di barche pensate per una propulsione elettrica. A questo si aggiungono vantaggi sul risparmio di carburante, la mancanza quasi totale di manutenzione ordinaria dei sistemi propulsivi, la miglior qualità della vita lavorativa di chi, con le barche, lavora tutto il giorno.

Questo genere di trasformazioni, oltre che dall'aspetto economico, è condizionato da molti altri fattori, il più evidente è forse quello infrastrutturale. Prendiamo ad esempio il settore automotive delle città: anche potendo, ipoteticamente, trasformare domani tutte le auto in versioni elettriche, non ci sarebbero le strutture, le colonnine di ricarica, la rete elettrica a supporto e il sistema non reggerebbe; a Venezia, se vogliamo, questo è ancora più evidente.
Analisi storica, studio del traffico pedonale e marittimo, analisi delle esigenze ed aspettative dei fruitori ed infine analisi del contesto. L'analisi e lo studio del contesto è stato sviluppato su più livelli, a scala urbana e a scala di prossimità; in questi livelli sono state individuate e localizzate le funzioni prevalenti degli edifici, studiati i tempi di percorrenza (a piedi) secondo alcuni raggi di influenza, che prendono come centro il ponte dell'Accademia, ed esaminati quelli che possiamo chiamare "coni ottici" ovvero i punti di vista strategici di visibilità DEL ponte e ipoteticamente DAL ponte.

Tenendo conto di questa fase preliminare di ricerca, si è iniziato a ragionare sull'aspetto progettuale vero e proprio. Il concetto base del progetto è l'idea di voler restituire un ESPERIENZA ed un LUOGO URBANO alla città. L'intento è di voler realizzare sia un punto di attraversamento - strettamente legato alla funzione tipologica per antonomasia del ponte (qui ci leghiamo al concetto di infrastruttura) - sia un luogo di contemplazione cooperando con il concetto di teatro (funzione ben presente nel panorama veneziano) a cielo aperto (prestandosi la stessa Venezia ad essere lo spettacolo da vedere per i suoi visitatori, alias spettatori). Ecco allora ben evidente l'ossimoro davanti al quale ci troviamo: funzione tipologica del ponte che per sua natura vuole essere riconducibile all'attraversamento, per lo più veloce o comunque intendibile come luogo di passaggio in contrapposizione, o per meglio dire, in relazione al concetto di contemplazione - etimologicamente legata all'ammirazione di un luogo o di un oggetto, andando a servirsi di calma, tempo e sosta prolungata.

L'impianto progettuale si presenta come una macchina per l'attraversamento composta da rampe e scale su entrambe le sponde; il disegno si basa sull'assecondamento morfologico del sito: infatti le linee, gli angoli, l'assetto planimetrico in generale tendono ad assecondare quelle che sono le naturali linee dell'area di progetto.
La "macchina per l'attraversamento" viene celata da setti in calcestruzzo che vengono forati in modo simmetrico su tutta la superficie - forature strombate che vogliono indirizzare lo sguardo del fruitore in precisi punti del panorama circostante, che viene quindi incorniciato dalle forature stesse. L'effetto sorpresa che viene generato è particolarmente efficace e suggestivo nella prospettiva della navigazione, momento nel quale solo una volta arrivati sotto il ponte, via acqua, si scopre tutto ciò che nascondono i setti.

Questa tipologia di "gioco", ovvero nascondersi per voi svelarsi, viene affrontato anche per la componente strutturale; in particolare le forature, seppur diverse, sono state riprese nel rivestimento longitudinale del ponte stesso, in questo caso usate per velare la struttura reticolare che si può cogliere a pieno solo se ci si trova al di sotto dello stesso.
Analizzando quello che si può definire "attacco a terra", ovvero ciò che troviamo a quota terreno, le due sponde vengono trattate in modo differente per entrambe l'intento è creare funzioni e luoghi ben strutturati.
Il lato sud, che per praticità chiameremo lato Accademia - data la presenza di Galleria dell'Accademia, museo d'arte con impronte palladiane - presenta una serie di sedute (da noi disegnate) che vengono posizionate in punti strategici e direzionate (con piccole rotazioni) per imporre al visitatore che sosta precise visuali e suggestioni, sia verso il canal sia verso l'accademia; queste si ritrovano al di sotto del ponte, favorite quindi da una copertura, ed ogni punto al di sotto del ponte che risulta essere percorribile (avente un'altezza abile al passaggio) viene segnalato grazie ad un cambio di pavimentazione. La banchina, in questo lato sud maggiormente dedicato all'osservazione, viene trattata anch'essa come luogo che possa permettere sosta la prolungata; infatti, sono state previste gradinate ampie che possono permettere la seduta su diversi "livelli" che arrivano fino al pelo d'acqua. Altra funzione presente, che troviamo in entrambe le sponde, sono i servizi igienici: questi servizi sono presenti in svariati punti della città ma risultano essere sottodimensionati, rispetto alla richiesta.
Il lato nord, in questo caso denominato lato San Vidal - vista la presenza della chiesa omonima - presenta in ugual modo delle sedute, che in questo caso avanzano in modo lineare poggiandosi al setto posizionato a nord-est fino ad arrivare all'ingresso principale di palazzo Franchetti (ad est). La relazione con questo palazzo e con il suo giardino importante, per questo il progetto tenta in due modi di relazionarsi con esso: in primo luogo il setto (ad est) viene interrotto con un taglio deciso per permettere una maggior fruibilità con la "piazza" che si va a formare al di sotto delle rampe che portano in quota d'attraversamento; l'altro aspetto è legato all'inizio della rampa per la risalita che va a coincidere con l'inizio delle sedute precedentemente illustrate - andando così a disegnarsi in parallelo, l'una a sottolineare l'altra.
Parlando di ciò che identifichiamo come piazza coperta, in questa area ritroviamo un servizio che possiamo definire caro al retaggio culturale veneziano, ovvero il bacaro. Il locale che è stato pensato non ha grandi metrature, ma riesce comunque a dotarsi di spazi per la cucina, servizi per i dipendenti e possibilità di posti coperti, parallelamente può comodamente sfruttare l'area coperta della piazza che gli permette di allestire tavoli e postazioni in un luogo suggestivo e particolare; anche in questa sponda vengono previsti servizi igienici.
Giungiamo ora al primo livello per l'attraversamento, ci troviamo a quota +7.70 metri; qui pensiamo ad un attraversamento "veloce" (dedicato alle persone che quotidianamente vivono la città per lavorare, studiare o banalmente per i residenti che necessitano di spostamenti celeri e che, nella maggior parte dei casi, vengono rallentati dalla presenza assidua di turisti). Per affrontarlo al meglio si opta per una doppia corsia in modo che il traffico pedonale possa suddividersi tra chi deve andare a sud e chi a nord, prevedendo così uno snellimento importante del traffico.
Ragionando su quello che, a contrario, definiamo attraversamento "lento", che quindi comprende maggiormente i turisti o tutti coloro che vogliono godersi con calma e tempo il luogo, prevediamo un altro livello di quota, salendo a +11.60 metri. Raggiungere questo livello è possibile attraverso una doppia via di salita, posizionata centralmente (funge da divisorio tra le due corsi di marcia a quota +7.70 m ed è leggermente distaccata dalle due corsie laterali per concedere la relazione visiva con l'acqua sottostante che, grazie alla struttura metallica successivamente illustrata, fanno godere di giochi di luce molto suggestivi) dotata di due rampe di scale [è stato previsto l'inserimento di un monta carichi per le persone con difficoltà motoria, di cui abbiamo curato il design per poterlo aprire e chiudere agevolmente in caso di necessità] che si congiungono in una piattaforma. Tutta questa struttura centrale è dotata di una copertura che tipologicamente richiama la figura architettonica del timpano; la copertura risulta essere elemento caratterizzante per la sosta prolungata permettendo al visitatore di poter restare a contemplare nonostante condizioni metereologiche non favorevoli (pioggia o eccessivo sole). Abbiamo così ottenuto un ponte con diversi punti di arrivo e che si divide in tre percorsi differenti che rispondono alle differenti necessità di fruizione.
Alcuni dei dettagli che si sono voluti curare maggiormente riguardano la scelta delle cromie, dei materiali e dell'illuminazione. Dopo un'analisi della cortina edilizia circostante e delle "palette" cromatiche utilizzate - in cui troviamo l'utilizzo preponderante di scale di gialli leggermente pescati e beige grigi che arrivano al color mattone - si è deciso di optare per colorazioni neutre, tendenti al grigio. Infatti, i setti vengono realizzati in calcestruzzo lasciato grezzo con tendenza al grigio scuro, per differenziare la macchina del ponte e le sue infrastrutture di risalita (rampe e scale) questo viene creato sempre in calcestruzzo ma trattato con colori più chiari che rimandano ad un grigio più chiaro e caldo. Tutto l'apparato strutturale portante è in acciaio lucido e nero, volto a creare un forte contrasto con l'intento di risultare ben leggibile una volta svelato. L'attenzione per l'illuminazione, relativamente alla scelta della tipologia (faretti singoli e faretti a tre punti luce) e al loro posizionamento e direzionamento è tale per via dello studio notturno: prevedere il modo in cui il ponte viene visualizzato di notte e garantire "l'esperienza" del luogo urbano anche nelle ore serali.
Per quanto riguarda l'aspetto strutturale e tecnologico del progetto; da un punto di vista strutturale portante si è pensato di adottare soluzioni in acciaio - travi e pilastri - in grado di sopperire a grandi luci; vengono infatti utilizzate delle travi reticolari composte da travi principali UPN 280, travi secondarie UPN 220 con un passo di 2,5 metri e travi UPN 180; i pilastri sono dimensionati 100x100 cm e sono realizzati in calcestruzzo (rivestiti in acciaio). La struttura del ponte "centrale" è costituita da travi principali HEA 180 e scarica il suo peso sulla trave reticolare attraverso dei pilastri in acciaio HEA 220. Il sistema di risalita (scale e rampe) viene realizzato anch'esso con una struttura di travi e pilastri utilizzando un sistema di travi principali di tipo IPE 330 (nella sponda sud) e IPE 500 (nella sponda nord) con travi secondarie HEA 180. I pilastri su cui poggiano i sistemi di risalita sono pilastri secondari, dimensionati 80x80 cm e realizzati in calcestruzzo (sempre rivestiti in acciaio). Questi sistemi, rampe e scale, scaricano il loro peso sui setti presenti e sui pilastri secondari.

Strettamente legate alle scelte dei materiali, e più in generale al progetto, sono le scelte di carattere tecnologico. In questi tempi sempre più colpiti dall'inquinamento, dalle difficoltà di smaltimento dei materiali e in cui si va sempre più verso una direzione di sostenibilità, riuso e consumo zero, poteva essere interessante capire come i materiali utilizzati per questo progetto potessero fornire un apporto concreto all'economia circolare andando così ad estendere il ciclo di vita dei prodotti e contribuendo a ridurre i rifiuti al minimo. Una volta che il prodotto ha terminato la sua funzione (in questo caso intendiamo il ponte), i materiali di cui è composto vengono infatti reintrodotti, laddove possibile, nel ciclo economico. Questo tipo di approccio può portare a una riduzione di emissioni di gas serra (al momento la produzione dei materiali che utilizziamo ogni giorno è responsabile del 45% delle emissioni di CO2) e a numerosi vantaggi, tra cui: riduzione della pressione sull'ambiente, più sicurezza sulle materie prime, aumento della competitività, impulso all'innovazione e alla crescita economica ed incremento all'occupazione.

Nel nostro specifico caso, i materiali utilizzati sono stati indicativamente quantificati:
• Calcestruzzo usato in quantità pari a circa 737 mc: parzialmente riciclabile (corrispondente al 20% del materiale totale impiegato).
• Acciaio usato in quantità pari a circa 4756 mq: 90% riciclabile (corrispondente al 60% del materiale totale impiegato).
• Vetro usato in quantità pari a circa 25 mq: riciclabile al 100%
(corrispondente al 20% del materiale totale impiegato).

Il calcestruzzo rientra all'interno della logica circolare solo per ciò che riguarda impieghi non strutturali (sottofondi, gettate non strutturali ecc.) per il resto degli impieghi deve essere realizzato ex novo per non perdere le sue caratteristiche meccaniche a fisiche; l'acciaio si presta all'economia circolare, tenendo però conto della reperibilità non sempre ottimale e degli alti costi di lavorazione abbiamo ridotto la stima al 90% tenendo conto di possibili imprevisti e quindi necessità di produzione nuova. Diverso è il caso del vetro: totalmente riciclabili infinite volte con grande facilità di reperibilità in ambito veneziano (l'idea è di recuperare scarti di produzione provenienti per la maggior parte dall'isola di Murano). L'intento è quello, in generale per tutti i materiali, di creare un vero e proprio circuito in cui, dove possibile, si reperisce materiale di risulta da altre situazioni (possibilmente vicine al luogo di cantiere per non incidere notevolmente sui trasporti) e andando a prevederne l'eventuale riuso/processo di vita, una volta che deve essere sostituito o demolito; la visione utopica è di non produrre più nuovi materiali e di non doverne più smaltire.


Bibliografia
- Comune di Venezia, Università Cà Foscari, T. Rizzo "I ponti di Venezia", G. Piamonte "Venezia Vista dall'acqua", G. Zucchetta "Venezia ponte per ponte".
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- L. V. Bertarelli, "Le tre Venezie, guida d'Italia el touring club italiano", primo volume, Milano, 1925.
- Tiziano Scarpa, "Venezie è un pesce", Milano, La Feltrinelli, 2020.
- A cura di Lucia Bertell e Antonio de Vita, "una città da abitare, rigenerazione urbana e processi partecipativi", Roma, Carocci editore, 2013.
- Daniele Resini, "Venezia. I ponti", Ponzano Veneto, Vianello, 2011.
- A cura di Peter Ruedi e Heinrich Helfenstein, "I ponti", Venezia, Remer, 1990.
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- Elisabetta Populin, "Il ponte dell'Accademia a Venezia, 1843 - 1986", Venezia, Il cardo, 1998.
- Franco Laner, "Il ponte dell'Accademia: permanenza del provvisorio", Venezia, Libreria Cluva editrice, 2018.
- Altherr Jurg, "Proposta per un nuovo Ponte dell'Accademia a Venezia: mostra collaterale alla 9° mostra internazionale di architettura - la Biennale di Venezia", Zürich, Unikate, 2004.
- Alessandra Stradella, "Il concorso del ponte dell'Accademia: la Biennale di Venezia 1985: aspetti morfologico-strutturali", Venezia, IUAV, 1986.
- Alvise Zorzi, "La repubblica del leone: storia di Venezia", Milano, Rusconi, 1979.
- Gloria Arditi, "Gio Ponti: venti cristalli di architettura", Venezia, il Cardo, 1994.

Cartografia
- Redazione editoriale di Italo Novelli, "Venezia forma urbis: il fotopiano a colori del centro storico in scala 1:500", Venezia, Comune di Venezia, 1985.
- I piani particolareggiati del centro storico di Venezia 1974-76: atti delle controdeduzioni ai piani particolareggiati del centro storico, Comune di Venezia, Marsilio casa editrice, 1977.
- Atasto napoleonico: mappa della città di Venezia, Archivio di Stato Venezia, 1988.
- Il Canale grande di Venezia descritto da Antonio Quadri e rappresentato in LX tavole rilevate ed incise da Dionisio Moretti, Ponzano, Edizioni Grafiche Vianello-Ezio Tedeschi, 1990.

Sitografia
https://www.europarl.europa.eu/news/it/headlines/economy/20151201STO05603/economia-circolare-definizione-importanza-e-vantaggi.

 


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